Anarchismo

Che cosa è l’anarchismo

Movimento intellettuale e politico sviluppatosi nel secolo XIX .
Una storia del pensiero anarchico potrebbe avere origini molto antiche se, sulla base delle formulazioni dottrinali prodotti nel clima culturale della prima rivoluzione industriale e dei processi di accentramento e burocratizzazione dello Stato Moderno, si volessero rinvenire antecedenti nella filosofia greca, nei movimenti religiosi medievali o nella pubblicistica razionalista dei secoli XVII e XVIII. La suggestione delle facili analogie non deve tuttavia indurre a far coincidere il ribellismo antiautoritario è il comunitarismo ereticale con alcuni loro omologhi dell’età dell’industrializzazione, dalla funzione storica significativamente diversa.

Le dottrine anarchiche vere e proprie si sviluppano nell’ottocento; anche se difficilmente riconducibili a un unica matrice teorica ( loro punti di riferimento sono il razionalismo settecentesco e il liberalismo economico, il materialismo e il positivismo evoluzionistico),esse si presentano come radicale rifiuto del sistema economico capitalistico e della sua organizzazione statuale, in nome di una auto-organizzazione dal basso, contrapposta a qualsiasi costruzione politica o forma organizzativa non liberamente concordata, che è frutto dell’artificio e della violenza. Per Kropotkin, “gran parte dell’ordine che regna fra gli uomini non è effetto del governo. Ha le sue origini nei principi della società” e nella naturale costituzione degli uomini”.

Pertanto, l’introduzione dell’uguaglianza e della giustizia sociale tra gli essere umani diventa restaurazione dell’armonia sociale violata dalle istituzioni. Come scrive Proudhon, “la giustizia è la stella centrale che governa la società “e “come l’essere umano cerca la giustizia nell’uguaglianza, così la società cerca l’ordine nell’anarchia”.L’antistatalismo si accompagna al rifiuto delle religioni e delle chiese, con le loro gerarchie, come forme di alienazione dell’essere umano in quanto da esse trae origine lo spirito autoritario che poi si determina nelle istituzioni politiche; nell’azione e nel pensiero anarchico la rivoluzione deve essere un atto violento e liberatorio, deve essere “come la nemesi degli antichi che avanza con il passo cupamente rimbombante del destino” (Proudhon), e deve essere opera di un movimento spontaneo ed autoorganizzato dalle masse, non di gruppi politici organizzati, giacché in questo caso comporterebbe nuove forme di imposizione e di dittatura.

Di qui un’attività rivoluzionaria esclusivamente rivolta al mutamento della struttura economica e delle forme sociali, radicalmente scettica quanto all’efficacia degli strumenti politici, anorchè democratici e parlamentari ( “ai politici,” scrive Proudhon, “sostituiremo le forze economiche” ). Su questo piano, la rivoluzione francese e il concetto di sovranità della nazione, con la sostituzione dello Stato di diritto alla monarchia di Antico Regime, sono considerati ( per esempio da Stirner ) come semplice trapasso da una schiavitù imposta a una schiavitù legittimata dal riconoscimento popolare. Il suffragio è per gli anarchici la tirannia del numero; la rappresentanza è una delega insindacabile di parte della libertà, che crea caste professionali sempre perpetuanti lo status costituito e la separazione tra governanti e governati.

L’antistatalismo comporta inoltre il superamento della proprietà privata capitalistica: abolizione della coercizione mediante “ una equa distribuzione delle ricchezze “ con il contributo di ciascuno alla produzione comune, per Godwin; per Proudhon, “ la proprietà è un furto ”, ma anche come è meno noto, “la proprietà è libertà “ : il suo attacco è infatti rivolto al monopolio e allo sfruttamento, al sistema della distribuzione più che a quello della produzione, il nome di una società nuova composta da liberi produttori-proprietari uniti dal mutualismo e dall’associazionismo; per Bakunin, l’anarchismo si accompagna al collettivismo; per quella Kropotkin, esso si accompagna al comunismo.


La vita sociale, senza costrizioni e coercizioni, deve fondarsi su rapporti volontari liberamente stipulati : questo concetto di fondo é costante in tutte le posizioni anarchiche, dal decentramento e dal localismo di Godwin alla critica proudhoniana del contrattualismo di Rousseau (anziché un contratto unico, che si trasforma in imposizione, una complessa rete di accordi rispettosi della eterogeneità della vita sociale, una federazione di gruppi naturali costituita dal basso in modo egualitario ).
Il federalismo libertario, quindi, è concepito come strumento di emancipazione. Come é chiaro l’anarchismo è una ideologia ed una metodologia composita, questa è proprio la sua forza e la sua peculiarità, che ha tuttavia alimentato ed attratto anche fautori e interpreti (politici o letterari) appartenenti ad ambiti culturali assai diversi e, almeno in apparenza inconciliabili.